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C’era un tempo in cui l’arte scavava l’idea fino a trovare la materia di cui erano fatto i sogni e le emozioni: sughero, colla, legno. Bisognava assemblarli per ricostruirne l’immagine.
C’era un tempo in cui non servivano connessioni veloci per condividere i pensieri, perchè veloce era il gesto di vivere senza l’ansia di trovare milioni di like perchè il mi piace era affidato a uno sguardo diretto senza mediazioni di pixel e processori.
In asta sabato 15 settembre.
Sabato 15 settembre. Cammina, cammina. La vita di questo artista peruviano ha il ritmo malinconico e di destino ineluttabile di una musica ancestrale suonata soffiando nella quena e toccando le corde del charango. Scultore e pittore, surrealista in cerca di simboli che gli escono dall’anima andina.
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Domenica 9 settembre.
“Io sono un uomo libero solo in quanto riconosco l’umanità e la libertà di tutti gli uomini che mi circondano. Rispettando la loro umanità, rispetto la mia”.
Michail Alexandrovic Bakunin
Luci diafane: il pastello del cielo e dell’acqua. Forse Lilloni stava cercando quelle luci su consiglio dell’amico gallerista Carlo Cardazzo. Nel 1949 lascia Milano e in treno arriva in Danimarca e poi in Svezia. C’erano fiabe là da raccontare, con i colori abbagliati dai fari della mente. Pensieri che evaporano, voglia di fermarsi a lasciare che le immagin della memoria sbiadiscono nella più eccitante delle malinconie.
In equilibrio: trasportando sogni e speranze come zavorre che sembrano sul punto di farti cadere e a cui occorre, però, affidarsi per sopravvivere muovendoti lungo il filo del rasoio. Fumettista, narratore, pittore, scultore Milan è un artista che chiede al nitro-acrilico di raccontare con colori esplosi verità esistenziali che dagli occhi sono diventati sogno e da lì sono riemersi. In asta il 9 settembre. Viviamo in un cartoon, ma non ce lo hanno mai detto chiaramente.
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Domenica 9 settembre. Vanni Viviani. Artista mantovano di cui, così, Giorgio Cortenova descriveva l’ossessione pittorica per la mela: “La continuità ludica di Vanni Viviani è di quelle che stupiscono. Sorprendono me, in ogni caso, per quella fragranza perpetuata da mela a mela, da foglio a foglio, da tela a tela. Viviani conosce da sempre gli squilibri della metafora, ma conosce a fondo, soprattutto, i sortilegi delle sostituzioni, che non appartengono ai riti surrealisti degli spaesamenti. Le mele stanno per “altro” loro, così ben dipinte nella forma. Esse “sono “, nel suo “teatro della visione “, al posto delle cose o, meglio, dell’umanità, ahimè affannata, di ogni giorno. E recitano, coscienti di farlo, mentre gli altri (noi, voi, loro) non sempre ne sono consapevoli..”. Insomma siamo alla frutta, ma senza saperlo…
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In un mondo che delega la dose universale di dolore solo agli altri, in un mondo che spera che il nodo dolore si possa sciogliere bevendo un integratore o uno yogurt con gli steroidi vegetali, in asta alla Meeting Art l’8 settembre (una data che evoca i dolori della Storia) ecco questo Scanavino.
Scanavino dipinge il dolore, graffia la tela, la anatomizza con i suoi intrecci che sono tessuti dell’anima scarnificati. Non è astrazione. E’ invece l’autopsia dei volti del Giuditta e Oloferne di Caravaggio, è la trama che si nasconde nel più truce dei Capricci del Goya. Scanavino non lo capisci se per un attimo non lasci che il dolore che ti porti dentro diventi una figura della tua anima. E allora sarà groviglio e allora lo specchiarsi in questo quadro sarà come ritrovarsi.
Sabato 8 settembre, asta 847. L’astrazione classica, quella fiorentina. Falce e pennello, Marx e astrazione. E nel Manifesto firmato da Monnini cose così: “Invitiamo gli artisti a prendere coscienza della loro posizione nella società, a domandarsi per chi essi lavorano, quale uomo sia quello che le loro opere esprimono, di quali relazioni sia esso capace, quale sia insomma la loro intuizione. Li invitiamo a confessarsi, a lasciare gli studi, a scendere tra gli uomini vivi, fra quelli di cui è l’avvenire. Tutti i misteri che sviano l’arte verso il misticismo trovano la loro soluzione razionale nell’attività pratica umana e nella concezione di questa attività pratica”.
Idee e ideologia, direttive e direzioni. Fantasia e raziocinio. Guardo all’oggi e mi sovvien magone…
Un’aurora boreale evocata da uno sciamano è il Paul Jenkins che si svela all’incanto dell’asta 848 (l’esordio della nuova stagione) , sabato 8 settembre. Considero Paul Jenkins tra i primi 10 artisti che un collezionista basico d’arte contemporanea dovrebbe contemplare sulle proprie pareti. Perchè Jenkins è un Cr7 dell’espressionismo astratto (vabbè di secondo livello, ma di poco appena sotto all’empireo dove il gesto dell’anima divenuta braccio e mano e muscoli e cuore si fece colore). Ma anche da questa foto si capisce come l’arte a volte sfidi la routine e la vocazione la professione. Può non piacere questo quadro (poi però ci mettiamo da quattro amici al bar e ne discutiamo), ma non può non stupire. Jenkins diceva di essere figlio di un temporale. Nuvole e lampi e bagliori di mondi lontani. Alla Meeting art non potevano ricominciare meglio. L’autunno ci sarà più lieve.