Vercelli. Corso Adda. Sede della Meeting Art. Ci guarda un Bengt Lingstrom da museo nordico, poco più in Vasarely, poi un Turcato da Biennale, due Alberto Biasi in formato maxi, poi Dorazio, poi, poi…sarà la prima asta 2015. In realtà c’è anche un albero di Natale che non sarà messo all’asta (vero che non lo sarà?). Da dove iniziare? Pablo Carrara, amministratore delegato di Meeting art non ha dubbi.Parlare d’aste ha la giusta scenografia: la mitica scacchiera di Enrico Baj. Due metri per due di meraviglia creativa. Legno grezzo: arte povera davvero, ma ricca di genio per davvero.
Ci sono lotti, come quello che ha alle spalle, che rendono orgogliosi: vero signor Carrara? “Vero. La scacchiera di Baj è un unicum anche se è un multiplo. Realizzata in 30 esemplari dalle edizioni Mastrogiacomo di Padova negli anni Ottanta, è stata oggetto di continui smembramenti. Cavalli, alfieri, torri : venduti singolarmente. Per Re e regina prezzi a sfiorare le 5mila euro al pezzo. Ne sono rimaste pochissime integre di queste fantastiche scacchiere. Vorrei vederle…Una è qua a Vercelli, in asta a gennaio”.
Avete resistito alla tentazione di fare un asta mostra con i singoli pezzi… “Dal punto di vista economico era una scelta logica, ma era offendere l’integrità dell’opera. Bello che, a questo punto, possa essere acquisita da un ente, magari con la destinazione di una scuola in cui esporla in modo permanente”.
Baj, un grande. In asta soffre un po’. Vero? “Quando in carrellata finale resta un Baj mi sgolo. Storia da vendere, è il nostro artista più conosciuto nel mondo. Le mode e il mercato non possono annebbiare la storia. Prima o poi quella riappare: chi prende Baj adesso non si pentirà. Anzi ha in canna qualche sfottò a chi sceglie altri nomi di moda”.
Un amico di Baj, Ugo Nespolo è stato vostro ospite di recente. Altra griffe storica. “Nespolo conferma quanto dicevo prima. La sua presenza a Vercelli ci ha onorato. E’ un artista e un intellettuale di prima fascia. Conosciuto nel mondo”.
Quando si prendono opere in asta, il collezionista deve fare i conti, chi più chi meno, con il fattore investimento. Lei che suggerisce in proposito? “Suggerisco di rileggere la storia dell’arte e la storia dei singoli artisti. Il futuro del mercato è già scritto nel nostro passato. Non lo dico io, lo dico tanti operatori che ormai si sono resi conto di come nomi storici abbiano valutazioni di gran lunga inferiori a nomi molto, troppo contemporanei. Meeting art un occhio alla storia lo fa gettare sempre: ricordo solo, per fare un esempio, come, da qualche anno, le opere dei cinetici come Biasi o Costa o degli analitici come Griffa, non manchino nei nostri cataloghi E i colpi dei clienti non sono mancati. Dopo questi artisti, adesso in salita, altri aspettano il momento di un nuovo decollo”.
Come Dorazio? “Certo. Dorazio era già nella storia: le sue quotazioni hanno avuto, forse, un lieve cedimento. Ma la musica sta cambiando. Ormai siamo alla vigilia di una definitiva consacrazione. Con orgoglio ricordo come a settembre un capolavoro museale di Dorazio abbia battutto , proprio da noi, ogni record d’asta con una aggiudicazione da 360mila euro”.
La macchina dell’asta targata Meeting come prepara il nuovo anno? “Con una novità”
Niente segreti, please. “Niente segreti. Si tratta semplicemente di questo. Non avremo più l’indicazione di lotti a offerta libera”.
Come, basta offerta libera? Non si potrà più sognare di prendersi un lotto d’arte a 50 euro, ovvero la base dell’offerta libera? “Certo che si potrà, se accadrà…Cambia solo il termine. Da offerta libera a senza prezzo di riserva. In realtà non è solo una questione terminologica, vogliamo tutelare al meglio la disponibilità del committente a stimolare la gara dei rilanci. Opere di grande qualità sono partite a offerta libera raggiungendo quotazioni elevatissime. Adesso saranno definite senza prezzo di riserva, ma lo spirito dell’asta è lo stesso. Curiosità e coraggio dei clienti fanno la differenza”
Meeting art, la missione continua…a gennaio